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Agricoltura: no alla liberalizzazione dei vigneti
Il rischio è riduzione qualità e prezzi
Il sistema di gestione dei vigneti può essere modificato, ad esempio aprendolo alle filiere, ma non abolendo i diritti di impianto, in scadenza alla fine del 2015. E' questo il messaggio portato a Bruxelles - all'incontro organizzato dai 15 paesi dell'Arev, l'Assemblea delle regioni viticole europee - dall'assessore veneto all'Agricoltura Franco Manzato. Per l'assessore la liberalizzazione assoluta potrebbe provocare il tracollo del sistema, facendo perdere all'Europa le posizioni di mercato da primato che ha mantenuto e conquistato in questi anni.
Piantare tutto ovunque: per "le regioni e i paesi che nei millenni hanno creato redditività e immagine per i prodotti europei con l’alta qualità del loro vino", spiega l'assessore, è l'incubo di una concorrenza che si gioca sulla quantità - a prezzi più bassi - e non sulla qualità. “ Con la liberalizzazione, chiosa Manzato, i produttori non avrebbero più gli strumenti per operare in questa direzione, generando riduzione di qualità e prezzi, trattando i nostri vini d’eccellenza alla stregua delle commodities". "Contrariamente alle costose misure di estirpazione massiccia intraprese tra il 2008 e il 2011", i diritti di impianto "non hanno alcuna incidenza sul budget comunitario". Non solo: se finora il sistema ha tenuto in equilibrio domanda e offerta, la sua abolizione - prevista a partire dal 1° gennaio 2016 - potrebbe determinare crisi di sovrapproduzione. Una preoccupazione condivisa dalle altre regioni vinicole della rete Arev e in parte raccolta dal commissario all'Agricoltura Dacian Ciolos, che sta valutando una nuova forma di controllo delle superfici vitate oltre il 2015. A lui Manzato ha chiesto "di ascoltare la rivendicazione portata avanti dalla quasi totalità dei territori produttori" e, soprattutto, "di presentare rapidamente una nuova proposta di inquadramento del potenziale di produzione, emendando in questo senso la proposta di regolamento OCM Unica".
Fasi


