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Il lupo abruzzese

Nessuna regione d’Italia riassume meglio il rapporto tra uomini, lupi ed orsi come l’Abruzzo, dove le tre specie non hanno mai smesso di coesistere. Lupi ed orsi hanno una presenza importante sul territorio abruzzese e questo ha influito sulle loro storie naturali che si sono dovute adattare a convivere con uomini, greggi, agricoltura, turisti. Ma lupi ed orsi sono anche molto presenti nella storia, nei simboli, nel quotidiano discorso degli uomini, e ne fanno parte integrante al punto da caratterizzare una buona parte della cultura abruzzese.
La storia naturale del lupo racconta di una specie che ha un’eccezionale capacità di adattarsi alle diverse condizioni ambientali. E’ uno dei mammiferi con la più estesa area di distribuzione. Nella sua alimentazione preferisce le grandi prede, ma sopravvive ugualmente con una dieta di roditori, rifiuti e vegetali. Il branco è la sua unità funzionale: essere numerosi è utile per abbattere grandi prede ma non per nutrirsi di quelle piccole. Il lupo è curioso, intelligente, resistente e prudente. Vivono in un branco all’interno del quale vige una forte gerarchia, occupano un territorio che difendono da branchi vicini, cacciano in gruppo con strategie complesse, hanno cura della prole, sono altamente culturali nel senso che apprendono e tramandano informazioni. L’uomo ha facilmente usato a suo vantaggio l’enorme flessibilità ecologica e comportamentale del lupo per creare il cane e usare per sé le straordinarie qualità del lupo.
L’Abruzzo vanta un primato importante perché è proprio nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise che nel 1973 fu applicato per la prima volta in Europa un radiocollare a un lupo per permettere di seguirne gli spostamenti. Da quell’anno il corpo di informazioni è cresciuto notevolmente riuscendo a disegnare un quadro abbastanza completo della vita del lupo nei nostri ambienti. Un esempio è quello di un giovane lupo maschio che si è spostato in pochi mesi dall’Appennino emiliano fino all’entroterra di Nizza in Francia per poi tornare in provincia di Cuneo, dove è morto per cause sconosciute ma probabilmente legate ad uno scontro territoriale.
In una popolazione naturale di lupi, priva quindi della mortalità causata dall’uomo, gli scontri diretti con lupi avversari sono la prima causa di morte. Si legge e si tramanda la leggenda che vorrebbe il lupo un animale incline a non uccidere mai il suo avversario e che, se si vede perso, si sdraia sul dorso e offre la gola all’altro, il quale sarebbe così inibito dall’infierire sul vinto. E’ una situazione che si verifica a livello di gerarchia all’interno del branco, mentre in uno scontro territoriale la posta in gioco è alta, è il territorio, la sopravvivenza, quindi lo scontro è spesso mortale.
In Abruzzo si narra che i lupi stiano normalmente sulle montagne e che solo d’inverno, quando fa freddo e nevica, scendano a valle per avvicinarsi ai paesi. Nulla di più falso: infatti il lupo è sempre vicino a noi, ma solo d’inverno, vedendo le tracce sulla neve, ci accorgiamo della sua presenza. Il lupo si muove con estrema cautela attraverso il paesaggio creato dall’uomo. Molte volte in Abruzzo è stato seguito un lupo con il radiocollare che di notte attendeva che il paese andasse a dormire per poi attraversarlo. Non esiste, quindi, parte dell’Abruzzo che non sia interessata dalla presenza del lupo; forse l’unica eccezione è la fascia costiera.
E’ pur vero, però, che il lupo compie veri e propri disastri , capaci di mettere in crisi gli allevatori. L’ecologia alimentare del lupo in Abruzzo rispecchia la flessibiltà della specie. Quando negli anni ’70 iniziarono le prime ricerche, risultò che il lupo si nutriva principalmente di rifiuti urbani che trovava in grande quantità alla periferia di un paese di montagna in discariche aperte piene di ogni risorsa, inclusi gli scarti dei macelli. Buona parte dell’alimentazione era costituita da pecore ma , in quegli anni, non esistevano le ricche popolazioni di ungulati selvatici che oggi popolano l’Abruzzo. Oggi la dieta del lupo si basa quasi esclusivamente su cinghiali, caprioli e cervi.
Una minaccia alla sopravvivenza del lupo è quella dell’incrocio con il cane che porta alla formazione di un ibrido che non è più il lupo dell’Appennino e neppure il cane compagno dell’uomo. In Abruzzo è facile vedere cani soli o in gruppetto che vivono indisturbati nelle vie dei paesi, pronti, appena arriva l’occasione di una femmina in calore , ad allontanarsi dai paesi per entrare più in contatto con l’ambiente selvatico.
Abbiamo condannato il lupo non per quello che è, ma per quello che abbiamo deliberatamente ed erroneamente percepito che fosse – l’immagine mitizzata di uno spietato assassino selvaggio -. Che, in realtà, non è altro che l’immagine riflessa di noi stessi.
(Farley Mowat)