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28/11/2012, 19:24

I grani antichi

Dal seme del passato...al frutto del futuro

Per fortuna che esistono  giovani agricoltori che, qui in Abruzzo, hanno ricominciato a coltivare grani antichi dai quali si ottengono farine per pasta e pane altamente digeribili, ed  esiste anche una rete (semirurali.net) che supporta scientificamente e politicamente questi agricoltori che vogliono utilizzare varietà di semi selezionate sul campo da loro stessi. Oltre al grano di Cappelli, (ampiamente descritto alla sez. enogastronomia-cibo e vino) fanno la loro ricomparsa il grano solina e il saragolla.

GRANO SOLINA

Diversi proverbi testimoniano la stretta connessione tra questa varietà e la vita del popolo abruzzese. In particolare la caratteristica più apprezzata è la sua costanza produttiva, che in passato, garantiva l’alimentazione e quindi la sopravvivenza delle famiglie. In alcuni detti popolari si esaltano le elevate caratteristiche organolettiche di questo frumento; infatti, si sostiene, a ragione, che “quella di Solina aggiusta tutte le farine”. Ancora oggi la bontà e la genuinità della Solina sono riconosciute da numerosi agricoltori che, a dispetto delle varietà moderne e delle loro caratteristiche produttive, ritengono di non potersi privare del sapore e del profumo del pane e della pasta ammassati con questo tipo di cereale. Persino quelli che invece ne conservano solo il ricordo d’infanzia, sono pronti a testimoniare questa unicità, e a evocare le sensazioni generate dal solo parlarne. La sua ancestralità è testimoniata oltre che dai detti popolari (“ogni grano torna a Solina” e “la Solina è la mamma di tutti i grani”), anche da documenti storici, quali alcuni atti di compravendita del 1500 stipulati presso la Fiera di Lanciano e in un testo di  fine “700 nel libro di Michele Torcia “Pel Paese de’ Peligni” viene citata la “Solina “ come il grano dal quale si ricavava “…uno dei  migliori  pani  del Regno di Napoli”.  È quindi un raro esempio di legame storicamente documentato tra una varietà ed un territorio. Il pane di Solina è particolarmente profumato e sapido, conservabile a lungo, migliora con il passare dei giorni  grazie all’azione del lievito madre (pasta acida) con il quale è preparato.

GRANO SARAGOLLA

Saragolla è una varietà di grano duro con un elevato potenziale produttivo. Fu introdotta in Abruzzo dalle popolazioni proto bulgare di Altzec, che provenivano dall’Egitto nel 400 a.C. Saragolla è  composta da SARGA = giallo e GOLYO = seme e significa letteralmente “giallo chicco”. Un grano molto speciale, duro e vitreo come l’ambra, che produceva farine color giallo intenso. fra le varietà conosciute, la Zingaresca, la Bulgara, la Bulgara di Capo Palinuro, la Saragolletta del Sannio, quella che destava maggior interesse era la Saragolla Turchesca per le sue doti di resistenza ai parassiti, refrattaria all’allettamento, alla stretta della ruggine. Nel 1801 l’abate Bernardo Quartapelle nel suo trattato “I Principi Della Vegetazione Ovvero Come Coltivar La Terra Per Trarre Da Essa Il Maggior Possibile Frutto” riporta che nell’Agro Pretuziano (antica denominazione della Provincia di Teramo) “… I nostri agricoltori distinguono diverse specie di grani, chiamandone altri duri altri bianchi. Fra i primi occupa il principal luogo la Saragolla, i cui acini sono lunghetti sodi, e di color biondo … Le migliori saragolle del nostro Regno … ottime per fare paste, si seminano in Novembre e Dicembre. E’ un grano lungo, gialliccio, e di gran durata…”. Alla fine del ‘700 comincia per la Saragolla un periodo di oblio: le conquiste coloniali e l’incremento demografico favoriscono le importazioni di pregiati grani duri dal Nord Africa e dal Medio Oriente, relegando la coltivazione della Saragolla nelle piccole proprietà contadine dell’Abruzzo collinare dove sopravvive grazie alla “selezione massale” (i chicchi migliori erano conservati per la semina dell’anno successivo). (tratto da Acquadolce)

Franca Nocera