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30/09/2015, 11:28

A Castelpetroso (Is) le opere di Amedeo Trivisonno

Gli affreschi dell’artista molisano

Ritratto

Il territorio comunale di Castelpetroso  (Is)  vanta  il più elevato numero di opere per chilometro quadrato eseguite da Amedeo Trivisonno. Sicuramente molto noti i dipinti realizzati per la Basilica dell'Addolorata, probabilmente meno famose le altre opere che impreziosiscono le chiese di Pastena, Indiprete e Castelpetroso. Una mattinata itinerante quella del 4 ottobre , nel corso della quale, all'interno di vari racconti, si avrà modo di scoprire chi è il Vescovo vicino alla tomba vuota dell'Assunta, chi sono i personaggi posti ai piedi di Maria Immacolata, chi ha ispirato la posa dell'angelo che impedisce ad Abramo di sacrificare Isacco. Ma soprattutto si cercherà di dare risposta ad un arcano quesito: come mai in un dipinto è presente il profilo di Dante Alighieri?

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Amedeo Trivisonno nasce nel 1904 a Campobasso dove compie gli studi. Frequenta l’Accademia a Roma, dove rimane fino al 1924. Si perfeziona a Firenze. Comincia a lavorare giovanissimo negli ambienti ecclesiastici (il primo affresco è nella chiesa di S. Nicola a Pollutri ed è del 1926). Stabilitosi a Campobasso, continua in una attività sempre più fitta: nel 1927 sposa Maria Rosaria Barletta, trasferendosi a Isernia per qualche tempo. Di nuovo a Campobasso e poi a Roma, dove ha uno studio e da dove si sposta per affrescare le chiese delle vicinanze. Perduta una figlia, decide di tornare a Campobasso, dove continua a lavorare senza sosta ad opere monumentali, come gli affreschi della cattedrale, ai quali lavora dal 1935 al 1938, tranne la parentesi di Napoli, dove l’amico Emilio Notte lo vuole suo assistente alla cattedra di affresco presso l’accademia. Dal 1938 al 1951 insegna all’istituto Magistrale di Campobasso, ma continua a dipingere ed a partecipare a mostre. Nel 1940 è di nuovo a Napoli chiamato da Notte per affrescare il salone reale nella Mostra D’Oltremare. Nel 1952 si trasferisce al Cairo dove insegna pittura nella scuola d’arte italiana; rimane in Egitto fino al 1967, ma torna ogni anno in Molise, dove continua ad eseguire affreschi. Nel 1967 torna in Italia, a Firenze, dove nel frattempo si era trasferita la famiglia e dove insegna fino al 1975. Neanche in questo periodo smette nella sua attività pittorica tornando spesso in Molise. Continua a lavorare fino all’ultimo: quindici giorni prima di morire termina il suo ultimo autoritratto. Muore a Firenze nel 1996.

Le opere di più grosso impegno sono senza dubbio gli affreschi, eseguiti in tutto il corso della sua vita, con temi religiosi del Nuovo Testamento; dalla cattedrale di Isernia (1927) a quella di Campobasso (1933), dalle cappelle del convitto “Mario Pagano” di Campobasso (1936) alla chiesa di S.M. del Monte sempre a Campobasso (1945), dalla chiesa parrocchiale di S. Giovanni in Galdo 1949, alla chiesa di S. Cristina a Sepino (1968), e ancora a Baranello, Cantalupo, Venafro, Colle D’Anchise, S. Giuliano del Sannio, Fossalto, S. Elia a Pianisi, oltre a tre affreschi realizzati in Egitto. Numerosi altri affreschi sono realizzati in chiese di altre regioni (Serracapriola, Cerignola, Benevento, Sassinoro, Castel di Sangro, Pollutri, San Marco in Lamis, ecc.). Sempre di argomento sacro sono i numerosi dipinti su tela (spesso di grandi dimensioni) per svariate chiese sia in Molise (Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso) che fuori regione (Morcone, Milano), e i dipinti su tavola (Sepino). Contemporaneamente si dedica anche a paesaggi, ritratti e nature morte. Quello che Trivisonno ricerca è un dato di veridicità estrema, di massima verosimiglianza, nelle sue opere è palese il recupero di iconografie e soluzioni compositive della pittura rinascimentale.
Amedeo Trivisonno non rinuncia alla realtà preferendo i volti segnati dei suoi compaesani a modelli astratti di bellezza.

Tratto da centrostoricocb.it

a cura della redazione
Ritratto di Amedeo Trivisonno con la propria famiglia