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09/07/2013, 11:32

Giovane diplomato non abbandonare la tua terra!

Tra polemiche, malcontenti e lacrime stanno per concludersi gli esami di maturità di tutta Italia; tanti i giovani che, indecisi, penseranno al loro futuro tra una notte in spiaggia con gli amici ed un picnic all’ombra dei nostri freschi boschi. Tra tutta questa nebulosa, però, in genere v’è una sola certezza: la voglia di fuga.

Tradizione senza tempo, infatti, è quella di abbandonare il proprio paese natio in cerca di mete più desiderabili; le grandi città affascinano da sempre i neodiplomati che sono sempre più spesso alla ricerca di vite dalle emozioni forti. Ciò che spaventa di questo modus operandi, però, è l’emorragia che i tanti piccoli paesini appenninici subiscono anno dopo anno con un conseguente impoverimento di risorse ovvero cervelli e braccia che, invece, potrebbero salvare tante piccole realtà.

Accade così che, nel tentativo di fare esperienza, molti si lascino soggiogare da quell’immagine ammaliante della città colma di risorse abbandonando in territorio che, invece, potrebbe fornire ancora molto; un potenziale inespresso che solo oggi, nell’epoca di internet, potrebbe essere scoperto, pubblicizzato e sfruttato per creare quella giusta inversione di rotta adatta per salvare piccoli paesi come Agnone, Capracotta, Belmonte del Sannio, Pescopennataro, Schiavi di Abruzzo, Castiglione Messer Marino e altri ancora.

A creare questo scintillio metropolitano contribuiscono la televisione, una politica pensata per favorire l’emigrazione nei grandi centri urbani nonché, talvolta, genitori che (ancora un po’ attaccati a quell’idea tipica degli anni cinquanta) crescono i propri figli spingendoli a credere che il loro paese sia destinato ad una inesorabile fine.

Sebbene sia vero che le città, possano offrire maggiori opportunità, è altrettanto conclamato che non sia la grandezza di un comune a farne l’importanza bensì è ciò che accade tra quelle mura urbane a creare futuro o a contribuire alla moria generale. Si pensi a realtà  come quella di Urbino che riesce ad ospitare addirittura un istituto universitario nonostante sia ubicata in un comune con bassa densità demografica.

È chiaro, dunque, che a rendere queste cittadine così importanti siano stati gli stessi cittadini che hanno lottato per la loro sopravvivenza e lavorato per la crescita di queste realtà. In passato, tutto ciò ha caratterizzato anche i piccoli centri dell’Abruzzo e del Molise ma da mezzo secolo, circa, è la vigliaccheria e l’apatia a regnare sovrana.
Bene, se tutto ciò poteva essere irrilevante fino ad un ventennio fa, purtroppo, ora non è più tollerabile. Il rischio è alto. Pende su di noi una spada che possiamo prendere per armarci e continuare a combattere o lasciare che questa ci cada addosso decretando la morte del territorio Sannita.
Ciò che sento di dire da giovane (che in passato è fuggito, per poi tornare con la coda fra le gambe) è che sia giusto fare i propri percorsi universitari, le proprie esperienze altrove ma che sarebbe altrettanto corretto cercare di creare tutto questo background ponendosi una domanda: come posso utilizzare tutto ciò che sto imparando per salvare la mia terra?
Solo ponendosi questo interrogativo e rimboccandosi le maniche potremmo fare realmente qualcosa di cui andare fieri. L’alternativa c’è, ovviamente. Potremmo diventare medici, giuristi, interpreti, architetti, managers e molto altro ma nessuno ci toglierebbe mai di dosso l’appellativo di assassini. Si perché se restassimo a guardare, non faremmo altro che contribuire all’omicidio di questi borghi accasciati sui monti che tutti ci invidiano e che noi non abbiamo ancora imparato ad apprezzare.

Giovanni Giaccio