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17/05/2018, 21:27

‘Abbraccio’ l’opera dello scultore Giuseppe Colangelo, emblema del Premio San Nicola Greco

Sabato19 maggio alle 10.30 al Chiostro del Palazzo Comunale  di Guardiagrele (Ch), si terrà la cerimonia di consegna del Premio San Nicola Greco 2018 al prof. Alberto Melloni ordinario di Storia del Cristianesimo  all’Università di Modena-Reggio Emilia, titolare della cattedra Unesco sul pluralismo religioso e la pace dell’Università di Bologna, direttore della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna.

Alla cerimonia prenderanno parte il Sindaco di Guardiagrele, l’avv.Simone Dal Pozzo: il Parroco di Santa Maria Maggiore, don Nicola Del Bianco; il presidente della Fondazione San Nicola Greco e filosofo, il prof. Antonio Altorio che qui di seguito ci regala una magnifica interpretazione dell ‘Abbraccio’ , l’opera dello scultore e docente Giuseppe Colangelo ed emblema del premio.

Si tratta di una realizzazione simbolica in pietra della Majella che vuole riassumere le ragioni profonde del Premio San Nicola Greco per la pace ed il dialogo interculturale ed interreligioso.  Si tratta di  un’opera artigianale, frutto del genio umano che ha saputo plasmare, con pazienza, forza e tenacia, la pietra della nostra montagna. Ed allora il primo messaggio è quello di una pace e di un dialogo che, come ha più volte richiamato Papa Francesco, sono un’opera artigianale e richiedono il coraggio di una pazienza operosa, la capacità di calibrare ogni passo in  v ista dell’obiettivo, la saggezza di muoversi nel delicato rispetto delle fragilità. La pietra della Majella è, infatti, estremamente delicata e va trattata con quella cura e quella dolcezza che sono i pilastri portanti di una cultura del dialogo e della pace.

Questa pietra è stata scelta anzitutto perché è nella Majella, perché è la nostra pietra e ciò sta ad indicare che dialogo e pace vanno sempre calati nel contesto delle nostre opere e dei nostri giorni, in quella quotidianità, fatta di incontri, relazioni, impegni, successi e sconfitte, che costituisce il luogo in cui siamo chiamati a mettere la nostra tessera al grande mosaico della storia del mondo.

L’opera vuole rappresentare un incontro di due rigidità che pian piano si ammorbidiscono, l’una influenzata dalla conquistata duttilità dell’altra. Non si può costruire la pace se non si impara ad abbandonare le proprie rigidità, che spesso nascondono paure e ferite e che rischiano di nascondere il volto, fragile ma autentico, della nostra umanità. I due elementi non sono perfettamente allineati e questo vuol dire che la pace è sempre dinamica, che la relazione è sempre in movimento. E allora, si tratta  di accelerare e di saper attendere nella convinzione che ciò che conta è il camminare insieme.  I due elementi sono poi avvolti da un drappo mosso dal vento. E’ il segno di una relazione che viaggia nel vento del tempo, di una pace e di un dialogo che sanno cogliere le sfide della storia e che non hanno paura di ripensarsi e rimodularsi cogliendo i segni dei tempi, fuggendo l’atteggiamento di quelli che Giovanni XXIII chiamava ‘profeti di sventura’. Il drappo rappresenta anche il pensiero, tratto di comune umanità, capacità di discernere, volando alto, possibilità di leggere le piccole e grandi vicende della storia personale e dei popoli da una prospettiva ampia per non diventare asfittici, prigionieri di meschinità e piccole beghe che rendono buia la vita.

Volando alto, volando insieme, non rinunciando a quella speranza che ci fa umani, possiamo costruire la pace. Il drappo del pensiero genera ali di colomba a ricordarci che quell’abbraccio tra umano e divino grazie al quale ‘ misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo’ (Sal.85)

 

Franca Nocera