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10/01/2013, 18:45

Lu Lessàme de l’Atessa

Storicità del cibo sacrale abruzzese e la sua preparazione

Le frequenti carestie del XVIII sec. mettevano in luce una precaria situazione alimentare che emergeva soprattutto in un periodo dell’anno rimasto tristemente proverbiale nella memoria dei nostri vecchi: “la costa di maggio”. Ma chi erano i contadini nel XVIII sec.? F.Longano nel suo saggio ‘Viaggio per lo Contado del Molise’(1788) racconta: ‘I contadini sono fittuari annuali, ed è in arbitrio de’ proprietari di espellerli da’ loro territorio. A molti manca la terra, o la sementa, o gli istrumenti, o la salute, o lo stesso vitto’. A costoro era costantemente presente lo spettro della fame nella prima decade del mese di maggio, caratterizzata dall’esaurimento delle scorte dell’annata agricola precedente, e tale situazione si verificava quando il mese di aprile era stato particolarmente freddo. Propiziatorio del nuovo ciclo coltivatorio era l’attesa della maturazione della fava che riscattava la negatività del periodo di fame assumendo quella sacralità che sarà ereditata dall’agiografia popolare. Questo breve cappello a titolo introduttivo per riscoprire le origini della minestra offertoriale di Atessa: il Lessàme che ha delle similitudini con altre tradizioni culinarie rappresentate nella Sagra del Cuoco, nella Cena degli antichi Romani, nella Panarda, nella Cena medioevale del Mastrogiurato di Lanciano, nell’Ultima Cena del Re ed altre.

L’offerta del Lessàme  si svolge il 1° maggio ed è comunemente chiamata anche Festa di Primavera. Tramite l’invocazione ad un santo particolare, alla Madonna o ad altre divinità, si chiedeva aiuto e protezione per sé stessi, per la famiglia, per gli animali, per la salute o per un buon raccolto. Il Lessàme  consisteva in  un insieme di sette/nove legumi, cereali e frumento, cotti separatamente e conditi con poco sale e serviti asciutti , sgranati e con olio extra vergine d’oliva dal sapore fruttato. ( A Torricella Peligna prende il nome di Granati; a Teramo Virtù; a Cupello (Ch) Majo o Ciciarille; a Cocullo (Aq) Li suffitelli). Riproporre una ricetta della cucina passata non è più possibile sia per i prodotti che non hanno le stesse proprietà organolettiche sia per la diversificazione dei metodi e dei materiali utilizzati, ma comunque valida anche per i palati delle nuove generazioni.

Mantenendo gli ingredienti base di allora ossia le fatidiche sette semenze, ceci, fave, fagioli, cicerchia, farro, lenticchie e granoturco si aggiunge cipolla, guanciale di maiale stagionato, fronde di foglie di fave, borragine, cascigni, pepe, sale, prezzemolo tritato, olio extravergine d’oliva e fette di pane integrale a bruschetta.

Nello specifico per 10 persone: 1 kg complessivo delle sette semenze – 10 cime di borraggine – 10 cime di fave – 10 cimette di cascigni; 50 gr di lardo di prosciutto, ½ dl olio extravergine, 100 gr di guanciale di maiale stagionato e tagliato a fiammiferi, una cipolla di media grandezza, 10 pezzi di peperoni rossi secchi (per decorazione), uno spicchio d’aglio, sale, pepe e prezzemolo tritato q.b. Per la guarnizione occorrono 10 fette di pane integrale grigliato ai carboni.

Procedimento: Nettate tutte le semenze separatamente , lavatele e ponetele in ammollo dalla sera precedente. Solo per il granturco raddoppiate il tempo. Per il farro bastano due ore di ammollo ma anche molto meno di cottura ed è per questo motivo si consiglia di unirlo alla minestra insieme alle altre semenze solo all’ultimo momento.  Portare a bollitura le semenze per circa due ore (separatamente), aggiungete il sale e quando sono quasi cotte riunitele in un solo caldaio o pentola. Fate rosolare dolcemente il guanciale con un filo d’olio. Ritirate il guanciale in una fondina, lasciando il poco grasso di cottura nella padella. In esso mettere a stufare sul fuoco, la cipolla e l’aglio tritato (fate attenzione perché da questa operazione dipende molto il gusto della minestra). Imbiondire la cipolla rendendola trasparente (professionalmente si chiama ‘sudata’), quindi aggiungete il soffritto alla minestra. Integrate con il farro che avrete tenuto a parte, e fate insaporire per 10’, facendo attenzione a che le semenze non si disfino e non si attacchino al fondo. Aggiungere  il grasso del prosciutto che avrete ridotto in crema con un frullatore ad immersione ed aggiustato con pepe e prezzemolo tritato. Riponetela da parte in attesa di servirla. Intanto sgocciolate le cime delle verdure, versatele in una padella ben larga e fatele appassire sul fuoco con poco olio mantenendole al dente. Guarnite  ogni singola scodella con bruschetta di pane , versate la minestra ed aggiungete un ciuffo di guanciale precedentemente rosolato,  uno spruzzo di prezzemolo tritato e pepe al mulinello ed il pezzo di peperone rosso per decorazione.

Tratto dal libro “ Tra la Fame e l’Abbondanza” del Prof. Antonio Stanziani  - Edizioni Tabula

Franca Nocera